Affido condiviso non vuol dire trascorrere il medesimo tempo con entrambi i genitori. La regola, infatti, non esclude che il figlio possa essere collocato prevalentemente presso uno dei due genitori con uno specifico regime di visita per l’altro. Ed è il giudice di merito a stabilire in concreto le modalità di esercizio del diritto di visita sempre nel rispetto dell’esclusivo interesse del minore. È quanto ha affermato la prima sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 24937/2019.
La Suprema Corte con propria ordinanza n. 24937 del 7 ottobre 2019, ha rilevato che, la regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.
Inoltre, ha precisato che spetta al giudice di merito il potere di stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita, non sindacabili nel giudizio di legittimità, ove è invece possibile sollevare censure solo in relazione ai principi in virtù dei quali il giudice di merito ha regolato le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, qualora si discostino rispetto a quello fondamentale, fissato dall’art. 155 c.c., dell’esclusivo interesse del minore.
Nel provvedimento impugnato, la Corte territoriale aveva evidenziato che, l’ampliamento dell’esercizio del diritto di visita proposto dal padre, avrebbe dato luogo ad un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità del minore, argomentazione che soddisfa “il minimo costituzionale” richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità.
Sulla base di tali premesse, trattandosi di un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, la Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando altresì il riccorrente alla rrifusione delle spese di lite.