Con la Sentenza n. 51063 del 9 novembre 2018 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto due dibattute questioni in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, ovvero se la diversità delle sostanze detenute, a prescindere dal loro dato quantitativo, osti alla configurabilità dell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e se la detenzione contestuale di più sostanze integri un unico reato oppure una pluralità di reati in concorso formale od in continuazione tra loro.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguardava un imputato ritenuto responsabile per detenzione di più sostanze tra loro eterogenee e, precisamente, marijuana, hashish e cocaina.
La Corte territoriale di Napoli aveva escluso la minima offensività del fatto e, dunque, la configurabilità della lieve entità ex art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/1990, atteso che lo spaccio riguardava più sostanze di diversa tipologia, era avvenuto in prossimità di un bar ed era stato attuato mediante una seppur rudimentale organizzazione, decisione peraltro condivisa anche dalla Corte d’Appello di Napoli.
A seguito del ricorso per Cassazione presentato dall’imputato, la Terza Sezione sollecitava un intervento delle Sezioni Unite, chiedendo di dirimere le divergenze insorte nella giurisprudenza di legittimità in merito all’ammissibilità o meno della lieve entità nei casi di detenzione di sostanze stupefacenti tra loro eterogenee.
Secondo la tesi tradizionale, infatti, la detenzione di sostanze stupefacenti di differente tipologia avrebbe impedito radicalmente la possibilità di qualificare il fatto come di lieve entità, e ciò a prescindere dal dato quantitativo della sostanza detenuta.
L’impostazione più recente evidenziava, invece, la necessità di una valutazione complessiva del fatto da parte del giudice di merito, che concernesse anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la qualità e quantità delle sostanze, anche con riferimento specifico alla percentuale di purezza delle stesse: solo in questo modo, infatti, sarebbe stato possibile – in concreto – formulare un effettivo giudizio di lieve entità.
Il secondo orientamento insisteva, inoltre, sulla necessità di elaborare un’interpretazione della norma conforme ai principi costituzionali di offensività e di proporzionalità, sottolineando come, nel caso di detenzione di sostanze eterogenee, l’applicazione delle più severe pene previste per le ipotesi in cui è esclusa la lieve entità, avrebbe potuto comportare una violazione di detti principi.
Ebbene, con la sentenza in commento, le Sezioni Unite hanno aderito al secondo degli orientamenti citati e sono giunte ad affermare che “la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto è necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la lieve entità del fatto“.
Le Sezioni Unite hanno fatto, altresì, chiarezza sul secondo quesito posto dalla Corte remittente, concernente la configurabilità o meno di più reati nell’ambito dello stesso art. 73 comma 5 e di un concorso di reati nei casi di detenzione di più sostanze tra loro eterogenee.
Inoltre, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità di più fattispecie, giacché “l’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990, prevede un’unica figura di reato, alternativamente integrata dalla consumazione di una delle condotte tipizzate, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente che ne costituisce l’oggetto”.
La Cassazione ha quindi concluso che la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro.