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Quando, secondo la Corte di Cassazione, le intercettazioni sono idonee a giustificare il carcere preventivo

intercettazioni

Le intercettazioni se «chiare» e «non ambigue» sono sufficienti a giustificare la misura cautelare del carcere quando fondano l’accusa di partecipazione ad una associazione mafiosa. La II Sezione penale della Cassazione, presieduta da Piercamillo Davigo, con la sentenza n. 17158 del 17 aprile 2018, a due mesi e mezzo dalla entrata in vigore (il 26 gennaio scorso) del Dlgs n. 216/2017 recante “Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni” (in attuazione della delega contenuta nella legge 103/2017), conferma il ruolo chiave delle captazioni come strumento di indagine. I giudici, confermando la decisione del Gip del Tribunale di Caltanissetta, hanno così respinto il ricorso dell’indagato che aveva sostenuto la natura «neutra» delle conversazioni registrate. In sede di riesame, il Tribunale aveva invece accolto l’istanza contro il secondo capo di imputazione – possesso di un’arma da sparo – «ritenendo il quadro indiziario, fondato su una sola conversazione intercettata, insufficiente a ritenere sussistente l’ipotesi di reato».
Nel provvedimento – scrive la Corte – sono riportate «analiticamente» intercettazioni telefoniche che danno atto del contributo dell’indagato alla infiltrazione dell’associazione nel tessuto legale per riciclare i proventi della droga, ma anche nell’attività di riscossione di crediti «con metodi estorsivi», oltre che dello «stretto legame» con una famiglia mafiosa. Così ricostruito il quadro, prosegue la decisione, «va rammentato che, in tema di intercettazioni telefoniche, la interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione dei giudice di merito, e si sottrae a sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza».

Per cui con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, «il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità, di modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati; in questo caso, ben potendo il giudice di merito fondare la sua decisione sul contenuto di tali conversazioni». Seguendo queste linee interpretative, il Collegio ha dunque ritenuto che le censure del ricorrente «si risolvono in una richiesta di incursione nel meritum causae, non consentito – come tale – in sede di legittimità».

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Le intercettazioni telefoniche secondo la Corte di Cassazione
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I presupposti affinché le le intercettazioni siano idonee per giustificare una misura cautelare
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