Con l’ordinanza n. 4523 del 14.02.2019, la Corte di Cassazione, nel confermare una pronuncia della Corte d’Appello di Catania, ha ripreso il criterio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” ai fini della determinazione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.
Con la nota pronuncia della Suprema Corte n. 11504 del 10.05.2017, viene innovato il pregresso orientamento di legittimità all’esito di un percorso argomentativo che mette al centro il principio di auto responsabilità dei coniugi sullo sfondo di una concezione dell’istituto del matrimonio in linea con i tempi, così abbandonando il parametro del pregresso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per adottare il nuovo criterio basato sull’adeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno e sulla possibilità di procurarseli.
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 18287 del 11.07.2018, sollecitate dall’ampio clamore destato dalla pronuncia sopra ricordata, hanno enunciato il parametro dell’indipendenza o autosufficienza economica sostenendo che “… la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente …“.
Con la recente ordinanza del 14.02.2019, gli Ermellini hanno osservato come la Corte d’Appello di Catania avesse assunto una valutazione bilanciata nel determinare l’assegno divorzile in favore della moglie, in piena sintonia con il principio della natura composita del giudizio di accertamento ai fini della quantificazione dell’assegno.
La Corte territoriale infatti si era basata sulle condizioni personali della resistente la quale non godeva di alcun reddito né, allo stato attuale, godeva di un reddito adeguato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, viste anche le potenzialità economiche della stessa, prossima a compiere i 60 anni d’età, disoccupata e priva di fonti di reddito alternative.
La Suprema Corte ha pertanto sottolineato la principale funzione assistenziale dell’assegno divorzile che si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende dal principio di solidarietà di natura costituzionale.
Tale assunto “conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente”.
In conclusione la Suprema Corte ha affermato che la Corte d’Appello, pur avendo seguito un orientamento pregresso, si è attenuta ai principi delineati con la nota sentenza delle Sezioni unite del 2018 e, pur richiamandosi con prudenza al criterio del tenore di vita, ha evitato ogni forzatura prevedendo che esso vada bilanciato caso per caso, con tutti gli altri criteri individuati dall’art. 5, comma VI, L. n. 898/1970.
Dott.ssa Claudia Vedovato
Studio Legale OSS